Christoph Eymann, consigliere nazionale LDP di Basilea Città, spiega come mai sostiene la campagna Ready!, parla dei suoi primi ricordi d’infanzia, delle storie della buona notte come rituale fisso di famiglia e del significato dell’obbligatorietà dell’asilo a partire dai quattro anni. 10 domande, 10 risposte.
1. Qual è il suo primo ricordo d’infanzia e quanti anni aveva?
Mi ricordo bene di quando da piccolo giocavo con un cavallo di legno e un carro sul pavimento del nostro appartamento. I motivi e le linee del parquet erano le mie strade e i miei ostacoli. Quando avevo due anni traslocammo da questo appartamento. Si tratta quindi di un ricordo lontano che risale alla mia prima infanzia.
2. Come e da chi è stato sostenuto nella sua prima infanzia?
Sono stato sostenuto e influenzato dai miei genitori e da mio fratello, più vecchio di me di tre anni, che da quando sono nato è stato per me un modello e un compagno. Anche lui si è sempre riconosciuto in questo ruolo, fino a oggi siamo molto uniti. Nostra madre ci ha raccontato spesso che mio fratello non è mai stato geloso, anzi, mi ha dato il benvenuto nella nostra famiglia pieno di gioia e di orgoglio. Il nostro modello di famiglia prevedeva che mia madre fosse presente per i figli. Mio padre invece era molto impegnato con il lavoro e stava spesso fuori casa, ma ogni sera ci raccontava una storia. Era un rituale fisso nella nostra famiglia che per noi significava molto.
3. Lei come sostiene o ha sostenuto i suoi figli?
Io ho tre figli. Due vivono con la mia prima compagna, mentre il terzo con me e mia moglie. Sostenere i due bambini che non vedo tutti i giorni è naturalmente più impegnativo. Sfrutto moltissimo i fine settimana, in questi giorni sono presente e mi prendo del tempo per loro. Per me conta molto che i miei tre figli non si sentano fratellastri, ma fratelli a tutti gli effetti. E sono molto grato a entrambe le madri, sia alla mia prima compagna che a mia moglie, per aver tenuto sempre in grande considerazione il benessere dei bambini. Per me è importante trascorrere del tempo individualmente con i miei tre figli. Una volta l’anno faccio un viaggio di un fine settimana con ognuno dei miei figli, solo in due. Ci tengo anche a trasmettere quei valori che per me hanno significato molto da bambino. Come faceva una volta mio padre, ogni sera raccontavo una storia a mia figlia. Per lei era importante che si trattasse sempre di storie inventate da me e non lette.
4. Come vede la conciliabilità tra lavoro e famiglia nel suo ambiente lavorativo?
Quando i miei figli erano piccoli, ero direttore dell’Unione cantonale di arti e mestieri di Basilea Città e in seguito ero molto impegnato come consigliere di Stato. La conciliabilità tra lavoro e famiglia è stata possibile solo grazie alla rinuncia da parte di mia moglie a costruire una propria carriera lavorativa. Sicuramente da parte mia ci sono state delle carenze per quanto riguarda le possibilità di collaborare in famiglia e assicurare opportunità di sviluppo a mia moglie. Purtroppo era e resta difficile conciliare lavoro e famiglia quando si riveste una posizione dirigenziale.
5. Perché si impegna a favore di Ready! e dunque di una politica globale della prima infanzia?
Nella mia pluriennale attività in veste di direttore del Dipartimento dell’educazione di Basilea Città e di presidente della Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione ho potuto farmi un’idea dettagliata della situazione di svariate famiglie svizzere. Purtroppo ho visto anche troppi bambini che non sono stati sostenuti, educati e accompagnati. Bambini i cui genitori erano assenti per tutto il giorno e che trascorrevano la giornata davanti alla televisione con qualche barretta di cioccolato. Mi è dispiaciuto molto per loro e ci penso ancora oggi. Fatto è che le carenze che emergono durante i primi quattro anni di vita non possono essere recuperate successivamente a scuola o all’asilo. Per questi bambini non ci sono pari opportunità: sono influenzati e dipendenti dalla situazione in cui sono nati.
6. Secondo lei, che cos’è che funziona bene in Svizzera per quanto riguarda la prima infanzia?
L’obbligatorietà dell’asilo a partire dai quattro anni è una conquista molto importante. Oggi quasi più nessuno dubita del fatto che, a partire dai quattro anni per un bambino sia utile trascorrere del tempo con i coetanei in modo istituzionalizzato. Ma quando sono nate le prime discussioni sugli asili c’era chi gridava a gran voce che si trattava di un’intromissione in questioni di carattere familiare. Nella Svizzera federalista finora si sono avute idee diverse su quale fosse l’età ideale per l’asilo. Nel canton Ticino, ad esempio, i bambini vanno all’asilo a tre anni. Una tale richiesta incontrerebbe molta resistenza nella Svizzera tedesca.
7. Sotto quali aspetti la Svizzera ha necessità di recuperare?
In Svizzera manca un approccio complessivo in merito alla questione della prima infanzia. La scienza è in grado di dimostrare in modo empirico che le basi per le competenze linguistiche e sociali vengono poste nei primi quattro anni di vita. Le famiglie in cui entrambi i genitori devono o vogliono lavorare necessitano di condizioni quadro. Ma le diverse necessità e conoscenze non vengono tra loro collegate per contribuire a una soluzione complessiva. Anche per questo motivo serve la campagna Ready!: è proprio qui che interviene.
8. Con quali argomentazioni chiede ulteriori investimenti nella prima infanzia da parte dello Stato e dell’economia?
In Svizzera ci sono molti bambini che vengono sostenuti e accuditi adeguatamente e che in tal senso non hanno bisogno di impulsi statali. Esistono però anche molti bambini che ne hanno bisogno e questi bambini devono averne la possibilità. Anche se come liberale mi urta un po’, in questa questione mi adopero affinché sia lo Stato a intervenire. Nel canton Basilea Città abbiamo visto che i programmi volontari per genitori sono molto frequentati, ma vengono sempre e solo quei genitori che hanno già una certa sensibilità verso l’educazione dei propri figli. Quei genitori a cui in realtà vogliamo rivolgerci non li abbiamo raggiunti su base volontaria. Ho sentito anche troppo spesso dire cose come: «Mia figlia non ha bisogno di sostegno. Non deve fare i compiti, si sposerà e diventerà madre. È questo il suo ruolo.» Sono questi i punti per i quali in veste di liberale chiedo allo Stato di intervenire. Penso ai mezzi legali sia a livello comunale che a livello cantonale. L’attuale divulgazione del caso dei bambini a contratto dimostra quanto velocemente la società possa apprendere dalle tematiche pedagogiche sensibili. Vorrei evitare di doverci trovare un giorno a guardare indietro e dover riconoscere che troppi bambini nella delicata fascia d’età, che va dalla nascita al quarto anno di vita, sono lasciati nella loro situazione.
9. Cosa controbatte a chi ritiene che i primi quattro anni di vita del bambino siano una questione che riguarda solo la famiglia?
Serve un consenso sociale sul modo in cui i bambini in tale fascia d’età debbano crescere, un consenso che deve rappresentare il criterio in base al quale lo Stato si assume un ruolo oppure no. Inoltre è un dato di fatto che in molte famiglie entrambi i genitori vogliono o devono lavorare. Dobbiamo mantenere elevata la qualità della custodia dei figli complementare alla famiglia; questa serve ai bambini e all’intera Svizzera.
10. Sostenere i bambini da 0 a 4 anni significa...
… che ogni bambino viene accompagnato nello sviluppo delle proprie capacità e che può quindi entrare all’asilo godendo di pari opportunità.
Christoph Eymann è consigliere nazionale del partito liberale democratico di Basilea Città. Per 16 anni, dal 2001 al 2017, è stato direttore del Dipartimento dell’educazione di Basilea Città e dal 2013 al 2016 presidente della Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione (CDPE). Christoph Eymann è sposato e padre di tre figli.