Milan Prenosil, presidente del consiglio di amministrazione di Confiserie Sprüngli AG, rivela in un’intervista esclusiva perché supporta la campagna Ready!, parla delle suggestive giornate trascorse sul Mar Nero, delle avventure con i suoi nonni e chiede allo Stato svizzero di investire di più nel sostegno alla prima infanzia della prossima generazione. 10 domande, 10 risposte.
1. Qual è il suo primo ricordo d’infanzia e quanti anni aveva?
Quando avevo tre anni ho fatto una vacanza di qualche giorno da solo con mio padre sul Mar Nero. In quel momento mia madre era in dolce attesa di mio fratello e aveva bisogno di prendersi un paio di giorni di tranquillità e tempo per se stessa. Mi ricordo tuttora molto bene di questo soggiorno sul Mar Nero.
2. Come e da chi è stato sostenuto nella sua prima infanzia?
Sono stato sostenuto non solo dai miei genitori, ma anche dai nonni. Con loro ho vissuto delle avventure, mi raccontavano delle storie, facevamo delle gite insieme e mi parlavano della loro vita. Proprio mio nonno era grandioso nel raccontare storie. La mia fame di storie fece sì che a quattro anni sapessi già leggere e scrivere. Questo interesse venne sostenuto dai miei genitori in maniera mirata. Fino al sesto anno di età sono cresciuto bilingue in quella che allora era la Cecoslovacchia. Per i miei genitori era importante che io imparassi anche il tedesco oltre al ceco.
3. Lei come sostiene o ha sostenuto i suoi figli?
Abbiamo consapevolmente sostenuto i nostri tre figli in modo strategico e ludico allo stesso tempo. Abbiamo inoltre considerato le capacità e gli interessi individuali di ognuno di loro. Poiché da bambino mi piacevano così tanto le storie, era compito mio raccontarle ai nostri figli. Sono quindi arrivato a raccontare una storia diversa a ognuno dei nostri tre figli la sera, personalizzata in base ai rispettivi interessi e all’età di ciascuno. Sostenerli significava anche includerli nelle discussioni di famiglia a tavola. Abbiamo cresciuto i nostri figli trilingui (tedesco, francese e inglese).
4. Come vede la conciliabilità tra lavoro e famiglia?
Sono convinto che una buona educazione non significhi necessariamente che i genitori non debbano far altro che accudire i figli tutto il giorno. Come imprenditore ero e sono molto impegnato così come lo è mia moglie con il suo lavoro, ma ci siamo sempre riservati intenzionalmente del tempo per i figli e per sostenerli in modo mirato e adatto a loro.
La conciliabilità tra lavoro e famiglia è una sfida. A maggior ragione è quindi importante disporre di una vasta offerta di possibilità di sostegno, che si tratti di asili nido, nonni o servizi di custodia a rotazione nel vicinato. Abbiamo avuto talvolta fino a otto bambini a casa da noi, quando custodivamo i bambini del vicinato. In Svizzera c’è un’elevata disponibilità ad aiutarsi reciprocamente, ma può essere un metodo non affidabile, perché non tutti possono contare sui vicini o sui nonni. È quindi ancora più importante che vi sia la possibilità di una custodia istituzionalizzata da parte di terzi. Questo è utile non solo ai genitori, ma anche ai bambini. Perché sono convinto che i bambini traggano grande vantaggio dall’incontro e dal confronto precoce con i coetanei.
5. Perché si impegna a favore di Ready! e dunque di una politica globale della prima infanzia?
Ritengo sia molto importante che tutti i bambini in Svizzera vengano precocemente incentivati in modi creativi: con amore, in modo ludico e consono alle loro preferenze individuali. Se ogni bambino viene sostenuto nello sviluppo delle proprie capacità, il passaggio all’asilo e successivamente l’entrata nella scuola risulteranno notevolmente facilitati.
In tal senso si tratta anche di integrare i bambini provenienti da famiglie con un basso livello di formazione e/o straniere. Incentivando il prima possibile le loro capacità linguistiche, facciamo in modo che i bambini possano trovare più facilmente la propria strada nella società. Questo influisce anche sulle successive possibilità di imparare un mestiere. I bambini di oggi, incentivati in modo ludico e adatto a loro, saranno le colonne portanti della società e dell’economia privata di domani.
6. Secondo lei, che cos’è che funziona bene in Svizzera per quanto riguarda la prima infanzia?
A tale proposito la Svizzera funziona relativamente poco bene. Si investe semplicemente troppo poco nella prima infanzia. Il rapporto 2016 dell’OCSE in materia di formazione mostra che in Svizzera le spese statali per la custodia prescolare e istituzionale dei figli complementare alla famiglia sono relativamente basse rispetto ad altri paesi. Rispetto al PIL sono solo lo 0,2%. Come si può quindi biasimare una statalizzazione dei bambini quando lo Stato investe così poco nel sostegno alla prima infanzia della prossima generazione?
7. Sotto quali aspetti la Svizzera ha necessità di recuperare?
La consapevolezza che sia i genitori che lo Stato debbano assumersi la responsabilità, dovrebbe essere rafforzata. Da un lato per i genitori deve essere ovvio che è d’obbligo assicurare un sostegno amorevole delle attitudini individuali del bambino. Dall’altro lo stato deve mettere a disposizione asili nido di qualità elevata per i genitori che vogliono o devono lavorare. È ciò che chiedo io con le mie convinzioni liberali, perché gli investimenti non portano vantaggi solo ai singoli, ma in fin dei conti all’intera economia privata.
8. Con quali argomentazioni chiede ulteriori investimenti nella prima infanzia da parte dello Stato e dell’economia?
Lo Stato evoluto, moderno e liberare sostiene le famiglie e le madri che vogliono o devono essere professionalmente attive. In una società liberale il singolo deve avere tutte le possibilità. La società cambia e lo Stato dovrebbe tenere maggiormente conto dei bisogni dei propri membri. La Svizzera ha un tasso di natalità in forte diminuzione tra le donne con un buon livello di formazione, il che non può essere negli interessi dello Stato. È per questo che serve un aiuto pragmatico per le famiglie in cui entrambi i genitori vogliono o devono lavorare. Inoltre, l’accesso alla formazione rappresenta il fondamento della nostra società: la formazione è l’ultima cosa sulla quale lo Stato dovrebbe risparmiare!
9. Cosa controbatte a chi ritiene che i primi quattro anni di vita del bambino siano una questione che riguarda solo la famiglia?
I primi quattro anni di vita di un bambino sono una questione che riguarda sia i genitori che lo Stato. I genitori hanno la responsabilità del bambino, ma lo Stato ha un mandato di formazione e di sostegno che non dovrebbe essere espletato solo a partire dall’ingresso all’asilo. Le carenze che si presentano nei primi quattro anni di vita non possono più essere compensate in seguito. Da un punto di vista sociale ed economico è nell’interesse dello Stato impegnarsi a favore di tutti i propri membri. E non solo di quelli che hanno più di quattro anni. Accolgo quindi con favore anche l’iniziativa parlamentare di Matthias Aebischer, ambasciatore di Ready! e consigliere nazionale. Egli chiede che la legge sulla promozione delle attività giovanili extrascolastiche venga applicata in Svizzera a tutti i bambini a partire dalla nascita fino al completamento del 25o anno di età. Oggi questa legge esclude i bambini al di sotto del quarto anno di età.
10. Sostenere i bambini da 0 a 4 anni significa...
… dare ai bambini l’opportunità di condurre una vita indipendente così come appagante nel quadro dei loro talenti e delle loro possibilità.
Milan Prenosil è presidente del consiglio di amministrazione di Confiserie Sprüngli AG. È sposato e padre di tre figli.